Se si fa eccezione per il classico carpaccio di tonno, pesce spada e salmone, o per le stuzzicanti alici marinate, il consumo del pesce crudo non e' in realtà un'abitudine molto diffusa nella cucina tradizionale italiana; ma con l'affermazione sempre più forte anche nel nostro Paese dell'arte culinaria giapponese, l'occasione di mangiare pesce crudo sta aumentando in modo considerevole.
Mangiare pesce crudo (ma anche altri alimenti come carni, latte crudo e derivati) comporta sicuramente una maggiore probabilità di imbattersi in intossicazioni od infezioni causate da batteri patogeni o parassiti, come la Salmonella, la Listeria e l'Escherichia coli; ma se ci si incappa con l'
anisakis, le conseguenze diventano più serie, tanto da provocare in alcuni casi, se non si interviene tempestivamente, anche la morte.
E' necessario che tra i sostenitori del sushi e del sashimi ci sia una corretta informazione sugli eventuali rischi a cui possono incorrere nel consumare tali specialità: sia chiaro, nessun pregiudizio riguardo a questi ristoranti etnici, ma e' di fondamentale importanza sincerarsi che siano gestiti da personale serio e con provata esperienza nella specifica trattazione e somministrazione di questo tipo di alimenti.
L'
anisakis e' un nematode (ovvero, un piccolo verme) che può misurare da uno a tre centimetri, dal colore bianco o rosato, sottile e che tende a presentarsi spesso arrotolato su se stesso; e' un parassita normalmente presente nello stato adulto all'interno dell'intestino di numerosi mammiferi marini come i delfini e le foche; attraverso le feci vengono eliminate le uova, che si schiudono nel mare dando origine alle larve; quest'ultime vengono ingerite da piccoli crostacei, e i pesci che se ne cibano ne vengono infestati;
con il consumo di pesce crudo o
poco cotto o
in salamoia,
il parassita viene trasmesso all'uomo.
Le larve si possono cosi' impiantare sulla parete dell'apparato gastrointestinale, dallo stomaco fino al colon, e per difendersi dai succhi gastrici attaccano le mucose con un'incredibile capacita' perforante. I
sintomi dell'
anisakidosi (infezione da anisakis) si manifestano immediatamente: trascorse soltanto 6-8 ore dall'ingestione del pesce crudo, compaiono intensi dolori addominali, nausea e vomito, febbre e diarrea; sintomi che in molti casi si prestano ad essere scambiati per altre patologie gastrointestinali, quali la rettocolite ulcerosa, il Morbo di Crohn, la neoplasia intestinale o l'appendicite acuta; nei casi più gravi può provocare un'occlusione intestinale e l'unico rimedio e' l'intervento chirurgico, con il rischio anche dell'asportazione di un tratto d'intestino invasa dai parassiti. In altri casi, le sostanze biochimiche lasciate dalle larve all'interno del pesce che le ospita, possono provocare nell'uomo delle manifestazioni allergiche (orticaria, angioedema, shock anafilattico, episodi di asma allergica, congiuntivite e dermatite da contatto).
I
prodotti ittici più a rischio sono il
pesce spada, il
tonno, il
salmone, le
sardine, le
alici, l'
aringa, il
merluzzo, il
nasello, la
rana pescatrice, lo
sgombro, i
molluschi e i
cefalopodi.
Per
risolvere il problema sarebbe sufficiente l'
immediata eviscerazione del pesce non appena viene catturato, al fine di evitare la migrazione dei nematodi dalle loro viscere alle loro carni; ma ciò non sempre viene praticato; si e' pero' scoperto che il parassita, pur essendo molto resistente agli acidi (come l'aceto, il limone e l'acido cloridico dello stomaco),
muore se sottoposto ad alte temperature (dopo 15 minuti a 60°C), oppure ad un congelamento (dopo 24 ore a -20°C) .
Come forma di
prevenzione, il
Ministero della Sanità già
dal 1992 obbliga per legge a chi somministra pesce crudo o in salamoia ad utilizzare esclusivamente pesce congelato o a sottoporre a congelamento preventivo il pesce fresco da somministrare crudo;
per conservare il pesce marinato, la marinatura deve essere fortemente salata e prolungata per almeno 70 giorni. I controlli sanitari vengono effettuati presso i mercati ittici, negli stabilimenti addetti alla lavorazione del pesce e durante la fase di commercializzazione. In seguito, anche l'Unione Europea ha emanato il
Regolamento n. 853/2004, che stabilisce norme specifiche in materia d'igiene per gli alimenti di origine animale.
Ciononostante, i casi di anisakidosi si verificano e sono anche in aumento: i pericoli maggiori provengono dal consumo casalingo e dai ristoranti che purtroppo non seguono queste indicazioni.
Da un'indagine dei
Nas (Nucleo Anti Sofisticazione) emergono dei dati terrificanti: molti ristoranti che preparano cucina giapponese (vero fenomeno di tendenza, dove il sushi ed il sashimi, piatti d'effetto preparati con pesce crudo, rappresentano le loro prelibatezze più tipiche) sono in realtà gestiti da cinesi, che si improvvisano cuochi senza alcuna esperienza nella preparazione di pietanze a base di ingredienti crudi e spesso senza osservare pienamente le norme igienico-sanitarie. In Giappone, gli esperti di sushi possono offrire queste raffinatezze gastronomiche solo se dotati di uno specifico patentino! Ma molti casi di anisakidosi sono da attribuire anche alla negligenza di alcuni ristoranti italiani, quando la causa e' da imputare ad alici marinate, evidentemente non sottoposte a congelamento preventivo.
E allora, cosa si puo' fare
per evitare il rischio di queste contaminazioni?
Seguite questi consigli:
- se proprio amate la cucina giapponese, sinceratevi sempre prima che il ristorante sia serio e rigorosamente qualificato;
- se non riuscite a fare a meno delle gustosissime alici marinate o di un bel carpaccio di tonno o di salmone, chiedete al gestore del ristorante se il pesce
è stato abbattuto (ossia preventivamente passato in un abbattitore di temperatura per 24 ore a -18° oppure nell'azoto liquido a -196°); ...spesso, per ovvi motivi, la risposta che ci viene data è che si tratta assolutamente di pesce fresco; perché, in effetti, è la risposta che un cliente vorrebbe sempre sentirsi dare! Ma se il gestore è serio ed ha competenza in materia, ci deve dire la verità, altrimenti, è meglio non correre il rischio;
- nel consumo casalingo di pesce crudo, acquistatelo fresco e congelatelo per almeno 4-5 giorni nel congelatore a -18°C; sappiate che il pesce eviscerato (come il salmone di allevamento) è più sicuro di quello venduto con le viscere; e prestate comunque la massima attenzione con le specie ittiche più a rischio come lo sgombro, le sardine, il tonno ed il pesce azzurro in genere.